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Idrogeno geologico: fino a 55.000 tonnellate scoperte nel serbatoio albanese di Bulqizë

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Cresce sempre di più l’interesse per l’idrogeno geologico, con tante aziende che stanno puntando al ritrovamento di nuovi giacimenti, come quello di Bulqizë, in Albania, scoperto da un team di geo-scienziati.

La ricerca

La ricerca condotta in Albania e guidata dal professore Laurent Truche, ha portato alla scoperta di significative quantità di gas idrogeno e dunque alla presenza di un sostanziale serbatoio situato nella miniera di Bulqizë.

Frédéric-Victor Donzé, geofisico dell’Università francese di Grenoble Alpes e parte del gruppo di ricercatori, si sta ora interrogando su che termini e numeri sarebbe possibili estrarre H2 dal sottosuolo, in vista degli obiettivi globali da raggiungere nel settore.

Parliamo del cosiddetto ‘idrogeno geologico’, dal quale si possono trarre numerosi benefici per la transizione come la possibilità di risparmiare su altre tipologie di carburante.

Fonte sottovalutata

Si tratta ad oggi di una fonte sottovalutata, e non ancora sfruttata nel mondo così come dovrebbe a livello energetico. Con il tempo però le cose potrebbero cambiare, considerando l’interesse mostrato da diverse società di perforazione soprattutto nel Nord America.

Ci sono anche delle prove scientifiche che suggeriscono come, l’idrogeno generato da processi geologici naturali, potrebbe fornire molta più energia pulita di quella di cui la popolazione mondiale ha attualmente bisogno.

Inoltre, come spiegato dal ricercatore Donzé, la maggioranza delle tonnellate di carburante prodotte ogni anno proviene ancora dalla lavorazione del metano, più dannoso per l’ambiente ma anche più economico rispetto ad altre forme di generazione come l’elettrolisi.

Fino a 55.000 tonnellate

L’enorme serbatoio scoperto un mese fa in Albania è probabile che contenga fino a 55.000 tonnellate di H2, che potrebbero dunque sostenere un flusso elevato per oltre due secoli. Tale riserva preziosa inoltre, si trova esattamente all’interno di una porzione della crosta terrestre che un tempo era sommersa dall’oceano.

Lo studio del team, pubblicato anche sulla rivista Science, vuole evidenziare il potenziale di questi importanti ritrovamenti senza però dimenticare i problemi di sicurezza ancora da risolvere, e alcune difficoltà legate ai costi dell’estrazione e all’impatto ambientale.

Interesse crescente

Nonostante infatti i diversi siti emersi di recente, come l’ultimo in Francia e più esattamente nella regione della Lorena, spesso si parla di milioni di tonnellate ritrovate senza però aver eseguito con attenzione le corrette analisi, e senza aver garantito la massima sicurezza considerando la natura altamente infiammabile dell’idrogeno.

L’interesse crescente verso tale vettore naturale è comunque indiscutibile, con grandi compagnie come Shell, BP e Chevron che si sono persino unite a un consorzio per approfondire la questone. Il paradosso però, come sottolineato anche dal geofisico Donzé, è che l’esplorazione di tali giacimenti richiede competenze simili a quelle utilizzate dall’industria petrolifera e del gas.

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