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Il capo della più importante compagnia petrolifera degli Emirati Arabi presiederà la Cop28: pericoloso conflitto di interessi?

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Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato, come rivelato dal The Guardian, che il sultano Ahmed Al-Jaber, a capo del gigante petrolifero statale Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), sarà il presidente della Cop28, la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Una controversia che “mette in ridicolo” il vertice, come sostengono gli attivisti. 

La Cop28 presieduta da Al Jaber: oggetto di un conflitto di interesse economico?

La Cop28 si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023. Al Jaber, a capo del gigante petrolifero Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) e ministro dell’Industria e della Tecnologia degli Emirati Arabi Uniti, sarà il primo amministratore delegato a presiedere un vertice così importante, e la decisione non solo scatena la rabbia degli attivisti, ma mette indubbio la serietà di un incontro così importante per il futuro e il benessere del Pianeta, che potrebbe essere invece adesso oggetto di un conflitto di interesse economico.

La scelta ha suscitato innumerevoli perplessità, considerando che durante le Cop il ruolo della presidenza può essere decisivo e si corre il rischio che la posizione del sultano possa risultare troppo schierata e a sostegno dei combustibili fossili. 

Il Paese medio-orientale ha infatti in programma il terzo più grande piano di espansione del petrolio e del gas a zero emissioni al mondo, dopo l’Arabia Saudita e il Qatar, e questo forte sostegno alla loro produzione è già stato espresso e manifestato dal ministro Al Jaber, in contrasto con l’ambizione di arrivare a zero emissioni nei prossimi anni, come richiesto dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE).

Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) 11° produttore mondiale di petrolio e gas

L’ADNOC è l’11° produttore mondiale di petrolio e gas e ha consegnato più di 1 miliardo di barili nel 2021, secondo dei dati che il Guardian ha ottenuto dalla Ong tedesca Urgenwald. La società ha adesso l’ambizione di allargarsi e aggiungerne altri 7,6 al suo portafoglio. Ci riuscirà? E questo quali conseguenze porterà? Solo il 10% di questa espansione risulta compatibile con lo scenario dell’AIE.

A novembre dello scorso anno, l’azienda ha annunciato un investimento di 150 miliardi di dollari in cinque anni per consentire una strategia di crescita accelerata per soddisfare le sue ambizioni. Tutto questo, non solo va in contrasto con il percorso intrapreso per la decarbonizzazione del Pianeta, ma anche con la volontà del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che ha chiesto di interrompere tutte le licenze e i finanziamenti per nuovi impianti petroliferi e di gas. 

In un’intervista rilasciata al quotidiano National lo scorso settembre, in vista della Cop27, Al Jaber si era espresso a favore della transizione dai combustibili fossili, sottolineando però che petrolio e gas saranno ancora necessari per alcuni anni, e che il cambiamento energetico non avverrà premendo un interruttore.

Protestano gli attivisti

Alla decisione della nuova presidenza, protestano gli attivisti. Tracy Carty di Greenpeace International ha, per esempio, definito la nomina di Al Jaber un pericoloso precedente che potrebbe mettere a rischio la credibilità degli Emirati Arabi Uniti e la fiducia che è stata riposta in loro dalle Nazioni Unite e dalle generazioni attuali e future.

Harjeet Singh, dell’organizzazione Climate Action Network International, parla invece di uno scandaloso conflitto di interessi. Altri ancora hanno chiesto ad Al Jaber di dimettersi dal suo ruolo in amministratore di ADNOC, e alcuni hanno paragonato la sua presidenza della Cop28 a mettere il capo di un’azienda produttrice di tabacco a capo dei negoziati di un trattato antifumo.

Ad ogni modo, quest’anno i vari Stati dovranno fare un bilancio per valutare lo stato attuale dell’azione per il clima e i progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, tra Paesi che preparano piani nazionali per ridurre le emissioni e chi, come gli Emirati Arabi Uniti, chiedono una transizione più lenta e realistica, durante la quale gli idrocarburi continueranno a giocare un ruolo importante per ancora un po’ di tempo.

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