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Un accordo italiano per l’idrogeno dal nucleare: ancora i lobbisti per rilanciare il settore?

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Newcleo firma un accordo con NextChem e Tecnimont, controllate di Maire, sull’utilizzo di reattori di ultima generazione per produrre idrogeno. Ma non sarà l’ennesimo tentativo di rilanciare a tutti i costi un settore costoso e pericoloso? Oggetto di dibattiti internazionali?

L’accordo

L’accordo appena concluso tra Newcleo, NextChem e Tecnimont, controllate del Gruppo Maire, avrebbe lo scopo di generare H2 pulito a partire dal nucleare, sfruttando i più innovativi reattori adesso in produzione.

L’obiettivo sarebbe quello di utilizzare gli SMR, e dunque piccoli reattori modulari raffreddati al piombo, puntando così alla produzione di energia dall’atomo di quarta generazione.

Nella visione di Newcleo poi, l’ambizione è anche quella di costruzione nuovi impianti, più facili da installare e dai costi ridotti. Come? Con i servizi di consulenza messi a disposizione da Tecnimont, che si occuperà di ottimizzare la pianificazione del progetto.

Il nucleare

In questo piano però, ci sono tanti elementi che non tornano, e che fanno pensare all’ennesimo tentativo, da parte di alcune lobby, di rilanciare l’energia nucleare nel Paese, seguendo magari la stessa scia della Francia.

Non bisogna dimenticare che, anche se il nucleare viene spesso presentato come il vettore adatto alla transizione energetica, privo di emissioni di gas serra, porta sempre con sé il problema della scorie e della sicurezza, consapevoli del fatto che il rischio 0 in tale ambito non esiste e mai esisterà.

Per i due partner italiani, l’accordo firmato consentirà la produzione di idrogeno da elettrolisi e la generazione di prodotti chimici sostenibili, come ammoniaca carbon-neutral, metanolo ed e-fuel, in linea con la recente decisione dell’Unione Europea di includere le più recenti tecnologie nella tassonomia delle attività sostenibili. Ma quanto c’è di vero?

Che filone seguirà alla fine l’Italia?

Parliamo di un sistema energetico che potrebbe sicuramente essere sfruttato in modo meno dannoso per l’ambiente, ma che non è di per sé una fonte alternativa come il solare o l’eolico. Tutti i rappresentanti politici ne sono al corrente, ma molti giustificano il ritorno all’energia atomica con l’ambizione di raggiungere gli obiettivi climatici internazionali entro le date prestabilite.

Quello che accade spesso però è dar vita a delle illusioni, senza rendersi conto, o facendo finta di non capire, che per questi progetti serviranno ancora tantissimi anni, con investimenti che dovranno moltiplicarsi, e fondi investiti sul nucleare che potrebbero di certo essere trasferiti su altri mezzi più ‘green’. Questo, anche per via dei costi sicuramente più bassi delle più popolari FER, come dichiarato dalla stessa International Energy Agency più volte.

Riduzione di emissioni nette

Per l’Onu poi, il potenziale di riduzione di emissioni nette entro il 2030 di solare ed eolico è quattro volte maggiore rispetto a quello nucleare, e anche questo dovrebbe essere preso in considerazione in un momento in cui la corsa alla transizione energetica diventa sempre più competitiva tra i singoli Paesi. Che filone seguirà alla fine l’Italia?

Al momento, dopo più di trent’anni, la Nazione è ancora alle prese con lo smantellamento delle centrali, con difficoltà relative soprattutto alla gestione dei rifiuti radioattivi. Il vettore è dunque ancora tema di dibattiti interni, con un unico punto sul quale però sembrano essere tutti d’accordo: la necessità di un deposito nazionale.

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