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Utilizzare l’urea delle acque reflue per produrre idrogeno: la ricerca del Worcester Polytechnic Institute

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I ricercatori del Worcester Polytechnic Institute (WPI) sperimentano un materiale in grado di rimuovere l’urea dall’acqua per convertirla in idrogeno. Il fertilizzante dunque potrebbe essere utilizzato per lo sviluppo dell’H2 in ambito energetico. Ma quali sono le sfide da affrontare?

L’urea

Lo studio condotto dai ricercatori del Worcester Polytechnic Institute (WPI) negli Usa, si concentra sull’utilizzo dell’urea, comune fertilizzante agricolo ricco di azoto che si ottiene soprattutto dallo scarico di acque reflue, e che può essere dannoso sia per la salute dell’ambiente che per quella umana. Il focus della loro analisi è infatti la possibilità di riutilizzarlo per trarne invece dei benefici energetici.

Il problema nell’uso dell’urea per la produzione di H2 è sempre stata la mancanza di elettro-catalizzatori economici ed efficienti, in grado di purificare l’acqua e far interagire gli atomi tra loro. Il team del WPI ha però superato tale limite, progettando nuovi materiali, composti da nichel e cobalto, e miscelandone ossidi e idrossidi, facilitando così la ridistribuzione degli elettroni e ottimizzando i catalizzatori.

Il risultato?

Il risultato? La possibilità di usare il fertilizzante non solo per produrre idrogeno in modo efficace, ma anche per contribuire alla sostenibilità a lungo termine dei sistemi ecologici. Ma non è la prima che si sperimentano soluzioni simili per purificare le acque inquinate e generare energia green.

Anche i ricercatori dell’Institute of Chemical Research della Catalogna (ICIQ) stanno facendo lo stesso, lavorando tra Spagna e Svezia e impiegando dei micromotori capaci di muoversi autonomamente. In questo caso, grazie a delle particolari reazioni chimiche e alla presenza di un enzima chiamato ‘laccasi’, l’urea si trasforma in ammoniaca, fondamentale poi per ottenere idrogeno in modo pulito.

L’Intelligenza Artificiale

Il team dell’Università di Göteborg sta poi pensando di sfruttare l’Intelligenza Artificiale per avere un’idea più chiara sul moto dei micromotori, ma servirà ancora parecchio tempo prima di ottenere delle risposte precise.

Bisogna considerare che negli impianti di trattamento delle acque reflue è necessario garantire sempre la qualità e la purezza dell’intero processo, perché questo preserva il benessere sia dell’ambiente che dell’uomo. Per alcune realtà, come per il gruppo MIPU, l’IA questo potrebbe aiutare a compiere un monitoraggio costante del sistema, ma questo lo si scoprirà con il tempo.

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