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CER, “prosumers”? Manca il know-how. Ecco le forme giuridiche da utilizzare

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Grazie alla costituzione di nuove CER tutti posso diventare players della transizione energetica, partecipando attivamente al processo di decarbonizzione in corso. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 (riduzione del 55% delle emissioni nette) impone l’istituzione di realtà ben diverse dai modelli “pilota” finora sorti sul suolo nazionale, con forme giuridiche molto diverse. Diritto Politecnico fornisce un utile riassunto delle forme giuridiche attualmente utilizzate nel contesto dell’autoconsumo diffuso.

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Manca il know-how per la costituzione delle CER

Il via libera da Bruxelles al Decreto sulle Comunità Energetiche Rinnovabili ha senza dubbio aperto un nuovo corso. Sulla carta tutti, dai cittadini, agli enti locali, alle imprese, possono finalmente avere un ruolo nel processo di decarbonizzazione, trasformandosi da comuni “utenti” a “prosumer”. Tuttavia, alla maggioranza manca il know-how tecnico e legale per portare avanti questa piccola grande rivoluzione. 

I casi pilota di CER

Finora i cosiddetti “casi pilota”, ossia i primi esempi di condivisione dell’energia in Comunità Energetiche, sono stati trainati principalmente dalle Pubbliche Amministrazioni, e caratterizzati dalla presenza di impianti di piccola taglia. Lo strumento giuridico più adatto alle modeste dimensioni si è dimostrato nella maggior parte dei casi quello dell’associazione non riconosciuta, ma non può essere la prassi. L’installazione frammentata sul territorio e la produzione legata ad impianti di piccola taglia non sono, infatti, in linea con il raggiungimento della riduzione delle emissioni nette del 55% entro il 2030. Quello che, invece, sembra essere più in linea con le volontà del legislatore europeo potrebbe essere la creazione di CER di dimensione più elevata rispetto ai modelli esistenti, in grado di consentire la condivisione di energia non solo nei limiti della cosiddetta cabina primaria.

Abbandonare la ricerca di un modello giuridico standard

Sulla base degli elementi descritti, ad oggi risulta chiara la necessità di abbandonare, una volta per tutte, la volontà di ricerca di un modello giuridico “standard” per l’attivazione di una comunità di energia rinnovabile. Il modello transitorio proposto dall’articolo 42-bis del D. L.vo 162 del 2019 aveva previsto il limite della valorizzazione dell’incentivo alla cabina c.d. secondaria (o di medio-bassa tensione), la quale comprendeva un perimetro territoriale ben più limitato rispetto all’estensione prevista dal limite definitivo (c.d. cabina primaria). Questo ha portato, in un primo periodo di attivazione dei progetti, a situazioni estremamente frammentate e di governance distinta. Interventi normativi più recenti sembrano però aver, in parte, semplificato il problema. 

Il riassunto delle forme giuridiche dell’autoconsumo

Il provvedimento emanato dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica e recentemente accolto dalla Commissione Europea fa chiarezza su numerosi punti rimasti irrisolti, ma alcuni quesiti di natura giuridica continuano a rimanere senza risposta. Allo scopo di semplificare la scena attuale, la rivista Diritto Politecnico fornisce un breve riassunto di alcune delle forme giuridiche attualmente utilizzate nel contesto dell’autoconsumo diffuso, partendo dall’associazione non riconosciuta per finire alla cooperativa.

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