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Vele solari nello spazio costruite con l’aerografite: lo studio proposto dalla rivista Acta Astronautica

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Lo studio di Acta Astronautica sull’aerografite e le vele solari: meno carburante e tempi ridotti.

La missione LightSail 2 e le vele solari

Utilizzare l’energia solare dallo spazio per soddisfare il fabbisogno energetico della Terra è il tema centrale di tantissime iniziative che si stanno avviando nel mondo. Un esempio? Il progetto Solaris dell’Agenzia spaziale europea (Esa). 

L’organizzazione no-profit Planetary Society è stata la prima a dimostrare l’efficienza delle vele solari e a rivoluzionare il modo di concepire i viaggi interplanetari. 

Ma di cosa si tratta nello specifico? Questi sistemi, chiamati anche vele fotoniche o aeree, sfruttano la pressione di radiazione e il calore del Sole per produrre elettricità e spingersi fino allo spazio, utilizzando una combinazione di tecnologie di propulsione tra sonde e satelliti. 

La più particolare, è proprio quella messa a punto dall’organizzazione in questione, e si chiama Cubesat, ovvero un satellite artificiale particolare da 5 chilogrammi che, durante la missione LightSail 2 del 2019, ha spiegato la sua vela perfettamente, non deludendo le aspettative degli esperti. 

L’utilizzo dell’aerografite

Adesso, alcuni scienziati hanno compiuto però un ulteriore passo avanti nello sviluppo di questi dispositivi, scoprendo che, con l’utilizzo dell’aerografite, è possibile ottenere risultati ancora più sorprendenti.

Si tratta di un materiale resistente e dalla struttura interna piuttosto porosa, che lo rende ideale per catturare i raggi del Sole e dunque per realizzare le vele solari. 

Ma le caratteristiche più importanti sono la leggerezza e la capacità riflettente che consentono al prodotto di essere un ottimo conduttore di elettricità green.

Tempi record e meno carburante necessario

Con varie ricerche ed esperimenti, gli esperti si sono resi conto che, usando l’aerografite per costruire vele solari e viaggiare su Marte, il viaggio potrebbe richiedere solo 26 giorni, dunque potrebbe essere completato in tempi davvero record riducendo anche la quantità di carburante necessario

Lo studio, proposto dalla rivista Acta Astronautica, potrebbe portare a un nuovo modo di vedere e organizzare le prossime missioni spaziali, ma serviranno ancora ulteriori analisi e prove tecniche per renderlo infallibile agli occhi di tutti.

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