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In Italia le FER potrebbero valorizzare 3,5 milioni di terreni incolti

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Dei 16,5 milioni di ettari di territorio agricolo nazionale, 3,5 milioni restano tuttora incolti o inattivi. Tuttavia, le restrizioni al consumo di suolo per le FER introdotte con nella bozza del Decreto Aree Idonee, non considerano l’enorme quantità di territorio potenzialmente utile all’installazione di impianti di energia rinnovabile.   

La questione che divide le associazioni

La questione del consumo di suolo delle FER continua ad essere al centro del dibattito. In attesa della versione definitiva del Decreto Aree Idonee del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, tuttora in lavorazione, sono, infatti, in molte le organizzazioni che esprimono perplessità in merito al coinvolgimento del territorio per l’installazione di impianti di energia rinnovabile. Pareri discordanti, che trovano un’ulteriore voce nell’associazione GIS – Gruppo Impianti Solari. In una nota diffusa a mezzo stampa, l’associazione definisce quello del consumo di suolo, alla luce degli obiettivi di decarbonizzazione che l’Italia si prefigge, un falso problema. 

Perchè non bisogna introdurre restrizioni 

Secondo l’organismo associativo che promuove lo sviluppo e la tutela della produzione di energia da fonti rinnovabili (in particolare fotovoltaico), per arrivare a generare  5GW di capacità rinnovabile all’anno per i prossimi 7 anni, ossia arrivare all’obiettivo di 80 GW di rinnovabili fissato dal nostro Paese al 2030,  occorrerebbe una superficie di 10.000 ettari da dedicare agli impianti. Di primo acchito sembrerebbe una cifra importante, ma, come specifica il GIS, si  tratta soltanto dello 0,06% del territorio agricolo nazionale, attualmente quantificato in 16,5 milioni di ettari. 

In 10 anni, dunque, si tratterebbe dello 0,6% del territorio agricolo nazionale. A esclusione dell’agrivoltaico, che permette di azzerare il consumo di suolo coniugando produzione agricola e generazione di energia pulita, le FER, spiega l’associazione, dovrebbero coinvolgere solamente i terreni attualmente incolti e inattivi, che in Italia sono 3,5 milioni di ettari. 

Terreni agricoli su cui non pendono vincoli

Il trend di crescita registrato nel settore delle rinnovabili e i miglioramenti ottenuti con l’aumento degli investimenti (nel 2022 la capacità installata è stata pari a 3 GW, il doppio rispetto al 2021, e nella prima metà del 2023 è quasi 2,5 GW), ma anche con la semplificazione degli iter autorizzativi, secondo l’associazione rischierebbero di essere annullati dalle restrizioni sulla percentuale massima di estensione areale dell’impianto previste dalla bozza del Decreto Aree idonee circolata. 

In sintesi, una volta individuati terreni agricoli inattivi e su cui non pendono vincoli, l’impianto che ha ricevuto approvazione deve poter essere realizzato senza ulteriori limitazioni. “Se ciascuna Regione stabilisse un’obbligatorietà per tutti i Comuni di dedicare il 3% del loro territorio all’istallazione di rinnovabili, si risolverebbero molti problemi autorizzativi all’origine. Ogni Comune indicherebbe le aree non idonee per questioni di vincoli archeologici, paesaggistici, faunistici ecc, e su tutte le altre aree si applicherebbe l’iter semplificato di autorizzazione che deve comunque passare il vaglio degli enti competenti” si legge nel comunicato.

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