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Petrolio, le Big Oil occidentali fanno 200 miliardi di dollari di profitti nel 2022

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Exxon Mobil, Total Energies, Chevron, BP, Shell, le cinque grandi compagnie petrolifere euro-americane hanno messo a segno dei veri e propri record in termini di profitti durante l’anno passato. Biden propone una tassazione più alta e con il ricavato si potrebbe dare una spinta significativa alle rinnovabili e all’efficienza energetica.

Le tasche piene delle compagnie petrolifere

Durante lo scorso anno, le cinque più grandi compagnie petrolifere euro-americane hanno messo assieme 196,3 miliardi di dollari di profitti. La maggior parte di queste entrate sono andate a premiare i principali azionisti e a sostenere piani di riacquisizione di azioni proprie.

Parliamo della francese Total Energies, che da sola ha registrato più di 36 miliardi di dollari di guadagni (raddoppiati rispetto al dato del 2021), delle americane Exxon Mobil, che si è portata a casa un bottino di 56 miliardi di dollari (probabilmente un vero e proprio record sul mercato occidentale), e Chevron, delle britanniche BP, che ha chiuso l’anno passato con 27,7 miliardi di dollari di profitti, e di Shell, che ha messo in cassa quasi 40 miliardi di dollari nello stesso periodo.

Dall’emergenza energetica alle speculazioni globali

Ma come si è arrivati a questo risultato straordinario, da un punto di vista meramente contabile, e allo stesso tempo sorprendente, visti i problemi che si sono accumulati negli ultimi anni? Facile rispondere, l’emergenza energetica che ci sta colpendo dall’autunno del 2021.

Per capire il processo che ha portato le Big Oil a riempirsi le tasche, basti pensare alla crisi energetica e al rialzo dei prezzi del petrolio e dei suoi derivati. Ma non solo, molte di queste multinazionali dell’energia si occupano anche di gas e carbone.

Secondo l’articolo della Cnbc, attività speculativa, carenza di greggio sul mercato globale (vedi le decisioni dell’Opec+ di non aumentare la produzione giornaliera, come chiesto più volte direttamente da Wshington), timore degli investitori, sanzioni europee contro il petrolio e il gas provenienti dalla Russia, sono tra i fattori chiave per comprendere il fenomeno.

Tassare i profitti? Biden ci pensa

Il Presidente USA, Joe Biden, ha affermato che le Big petrolifere statunitensi hanno “reinvestito troppo poco di quel profitto per aumentare la produzione interna” e contribuire anche a mantenere bassi i prezzi del gas. Di fatto, ha detto Biden, “hanno utilizzato quei profitti record per riacquistare le proprie azioni, premiando i loro amministratori delegati e azionisti”.

Biden ha quindi proposto di quadruplicare la tassa sui riacquisti di azioni proprie per incentivare gli investimenti a lungo termine, insistendo che le Big Oil avrebbero comunque realizzato un profitto “considerevole”.

Secondo il Gruppo Global Witness, “un aumento della tassazione sui guadagni inaspettati di Big Oil, proprio per aiutare coloro che hanno problemi a pagare le bollette, per potenziare significativamente le fonti energetiche rinnovabili e l’efficienza energetica delle abitazioni, sarebbe fondamentale per porre fine all’era dei combustibili fossili, che sta danneggiando gravemente sia le persone che il pianeta”.

Tassare equamente i profitti in eccesso di queste società potrebbe aiutare a finanziare un programma nazionale di efficientamento energetico e una spinta all’energia rinnovabile e pulita, che ridurrebbe le bollette, manterrebbe le case più calde e ridurrebbe le dannose emissioni di carbonio”, ha invece dichiarato Sana Yusuf, attivista per il clima di Friends of the Earth.

La Russia taglia la produzione giornaliera di barili di oro nero

Proprio in questi giorni la Russia ha informato il mondo che taglierà la sua produzione di barili di petrolio giornaliera. Da marzo 2023 Mosca ridurrà la produzione di 500 mila barili di greggio al giorno. Una misura da inserire nello scontro che ormai va avanti da un anno circa tra Mosca da una parte e Washington e Bruxelles dall’altra.

Dopo l’annuncio del taglio fatto dal vice Primo ministro russo, Alexander Novak, il Wti è salito del 2,47% a quota 79,99 dollari al barile e il Brent del 2,40% a 86,53 dollari al barile. Secondo diverse stime, il petrolio potrebbe veder salire il suo prezzo durante il 2023, raggiungendo o superando i 100 dollari a barile.

Giornalista

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