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Idrogeno, anche l’Italia partecipa alla ricerca degli idruri metallici più adatti allo stoccaggio

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Un gruppo di ricerca internazionale, composto anche da esperti italiani provenienti dal Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (CNR-Iom) e dall’Università di Roma Tre, stanno studiando le proprietà degli idruri metallici per lo stoccaggio dell’idrogeno.

Il lavoro di ricerca

È partito un lavoro di ricerca a livello internazionale sulle proprietà degli idruri metallici per lo stoccaggio dell’idrogeno. Ma di cosa stiamo parlando? Si tratta di composti dell’H2 considerati tra i più promettenti per guidare la futura transizione ecologica, basata infatti sulla capacità di utilizzo e accumulo del carburante ottenuto in modo green.

Tali metalli possono essere immagazzinati in atomi potenzialmente utilizzabili ‘on-demand’, ovvero in modo regolabile e reversibile, e tutto questo potrebbe essere molto importante per superare quelle che sono le sfide energetiche del settore.

Il contributo dell’Italia

Allo studio stanno collaborando ricercatori provenienti da diverse parti dal mondo: dalla London’s Global University, dalla University of Bristol, dalla University of Technology di Delft (in Olanda) e anche dalla University of Zurich (in Svizzera).

E per quanto riguarda il contributo dell’Italia? Hanno aderito al progetto esperti italiani provenienti dal Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (CNR-Iom) e dall’Università di Roma Tre, riuscendo a ottenere risultati importanti.

L’intero team infatti, come spiegato da Giancarlo Panaccione direttore del CNR-Iom, ha combinato tecniche pratiche e teoriche per identificare alla fine i due idruri metallici più adatti allo stoccaggio: titanio e ittrio. Le ragioni sono legate soprattutto alle loro proprietà elettroniche e termodinamiche, due fattori rilevanti dal punto di vista applicativo ed energetico. Ma quali le altre peculiarità?

I due metalli

I due metalli presi in considerazione dal gruppo di ricerca hanno ognuno delle particolarità differenti. Il titanio, per esempio, ha una densità più bassa che gli permette di essere lavorato con più semplicità, garantendo comunque delle buone prestazioni, un’elevata resistenza alla corrosione e al calore, e anche un’ottima bio-compatibilità per costituire delle leghe.

L’ittrio invece viene considerato una terra rara fondamentale nel settore dell’H2 perché può assorbire più facilmente il combustibile, anche a bassa temperatura, e tirarne fuori un grande potenziale per lo sviluppo del campo della produzione di energia verde.

L’idrogeno a livello mondiale

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PRX Energy, si inserisce comunque in quelle attività avviate per la realizzazione delle Hydrogen Valley, con tantissimi progetti nel mondo e 54 di essi che fanno riferimento all’Italia.

In una prospettiva futura infatti, tali elementi di stoccaggio non solo potranno portare a una produzione e un utilizzo più repentino del combustibile a livello globale, ma se ne potranno anche ricavare benefici economici.

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