Roma, 05/10/2024 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

Le miniere abbandonate potrebbero essere riutilizzate per immagazzinare energia e alimentare la Terra

11
Home > News > Geotermico > Le miniere abbandonate potrebbero essere riutilizzate per immagazzinare energia e alimentare la Terra

Secondo lo studio degli scienziati dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA), le miniere abbandonate potrebbero essere riutilizzate, in futuro, per immagazzinare energia, far funzionare le batterie a gravità e alimentare la Terra. 

La ricerca

Nella loro ricerca, gli scienziati dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) hanno dedotto che le miniere abbandonate potrebbero rappresentare una soluzione perfetta per alimentare il pianeta Terra. In che modo?

Per i ricercatori, queste cave dismesse, se trasformate in grandi batterie gravitazionali, potrebbero accumulare fino a 70 terawatt di energia, che sarebbe per loro una quantità sufficiente a soddisfare il consumo giornaliero di elettricità di tutto il mondo.

Cosa sono le batterie gravitazionali

Le batterie gravitazionali sono sistemi di accumulo che, grazie all’energia rinnovabile in eccesso, consentono di sollevare carichi pesanti quando la rete necessita di elettricità. 

In questo caso, trasformare una miniera in un impianto del genere permetterebbe di trasformare l’energia cinetica di un peso che viene fatto cadere, in elettrica. Nella loro ricerca, gli scienziati hanno sfruttato la sabbia. 

La sabbia come mezzo

Il sistema che è stato messo a punto dal team dello IIASA si chiama ‘Underground Gravity Energy Storage (UGES)’. A differenza dell’accumulo di energia a batteria, in questo caso si sfrutta la sabbia, che viene fatta precipitare nelle miniere abbandonate per produrre e immagazzinare energia. 

La capacità di stoccaggio non sarà data solo dalla quantità che ne verrà fatta cadere, ma anche dall’altezza del pozzo della miniera attraverso il quale ciò accadrà. 

I tempi

Lo IIASA ha pubblicato, come parte dello studio, una tabella comparativa in cui si vede anche il tempo necessario a completare il ciclo di ricarica. Presupponendo per l’UGES da 40 milioni di tonnellate di sabbia, un pozzo profondo 1 km, e carrelli con una capacità media di generazione di energia di 10 MW, servirebbero 363 giorni per avere un impianto totalmente carico. 

I cicli di stoccaggio variano quindi da una settimana a un anno, e l’energia prodotta passa da 1.74 GWh per l’impianto più piccolo, con un pozzo da 200 m, a 87,20 GWh per uno più grosso, con un pozzo profondo 1.000 m.

Per i ricercatori, la capacità di generare elettricità in questo modo è del 35% se il sistema viene utilizzato al 70% della sua possibilità.

I vantaggi

Behnam Zakeri, coautore dello studio e ricercatore del Programma Energia, Clima e Ambiente dell’IIASA, ha sottolineato quanto, per decarbonizzare l’economia, occorra ripensare il sistema energetico adottando soluzioni innovative sulla base delle risorse esistenti. 

Secondo gli scienziati, con questo progetto non solo si può generare un’enorme quantità di elettricità in modo più semplice e naturale, ma si potrebbe anche creare reddito per quelle comunità che sono state impoverite dalla chiusura delle miniere, che rappresentavano per loro la principale fonte di produzione economica, oltre che dare lavoro a tantissime persone.  

L’UGES troverebbe dunque la sua convenienza nello sfruttare i milioni di siti minerari abbandonati in tutto il mondo, usando tecnologie poco complesse e un materiale di accumulo semplicissimo, la sabbia, che non genera fenomeni di corrosione o autoscaricamento.

Articoli correlati