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Ponte sullo Stretto: c’è il sì dalla Commissione Tecnica ambientale, ma quante incogruenze

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La Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale ha dato un parere positivo rispetto alla compatibilità ambientale del collegamento tra Calabria e Sicilia, non senza polemiche a compendio.

Una questione dirimente

Il parere formale positivo sulla compatibilità ambientale che la Commissione Tecnica del MASE ha dato sul collegamento tra Calabria e Sicilia, ha riacceso le polemiche. L’opera, semplicemente nota come il ‘Ponte sullo Stretto di Messina’, oltre ad essere inserita tra le infrastrutture strategiche dal 2001, è forse uno dei simboli del dibattito politico nostrano.

Da una parte considerata imprescindibile per lo sviluppo del Mezzogiorno, dall’altra ha subito feroci critiche da una parte della cittadinanza coinvolta, nonché da diverse associazioni ambientaliste. Tra queste Legambiente, che ha definito l’opera “Un vulnus insopportabile non solo per Calabria e Sicilia ma per l’intero Paese, nel quale ci sono questioni sempre più̀ urgenti da affrontare“.

Al netto della dialettica partitica e degli interessi elettorali del momento, l’aspetto più dirimente è la riflessione intorno alla Valutazione di Impatto Ambientale. In effetti – in prospettiva – risulterebbe quantomeno interessante capire quali siano i costi, non solo economici, del collegamento e anche in termini di equivalenze.

Limitazioni

Secondo quanto ha scritto Wolters Kluwer Italia, il parere è arrivato dopo una serie di richieste di chiarimenti tecnici (239 obiezioni) da parte della Commissione del MASE precedentemente in carica. Solo che era scaduta a Maggio.

Il rinnovo delle cariche è avvenuto lo scorso Luglio e il pronunciamento positivo sulla relazione proposta (quest’ultima, ai sensi del Decreto Legge 35/2023) è arrivato comunque con prescrizioni”. Ossia, si dovranno rispettare delle precise condizioni ambientali nella fase della presentazione del progetto esecutivo.

Suddette condizioni riguardano l’ambiente naturale, terrestre, marino ed agricolo, ma anche aspetti relativi a progettazione di dettaglio per le opere a terra. Nello specifico, tutte quelle modalità attinenti alla cantierizzazione, gestione delle materie, approvvigionamenti, rumore e vibrazioni. Proprio questi ‘paletti’ hanno legittimato il confronto sui costi.

Il tema dei costi è evidentemente economico ma va anche oltre, rispetto alle cosiddette esternalità negative. Spesso, per esempio, si prescinde dal considerare l’acciaio e il cemento necessario a realizzare l’opera o il traffico di mezzi pesanti per il cantiere.

Oltre le formalità

Vi è poi un secondo ordine di grandezza, legato ai benefici per l’ambiente. In un lungo articolo che Francesco Ramella ha scritto lo scorso Aprile per Lavoce.info, si è rimarcato il tema della riduzione delle emissioni climalteranti. Secondo i fautori del progetto, i benefici sarebbero valutati intorno ai 10,6 mld di Euro a valori correnti.

Costoro, a più riprese, hanno ribadito che la realizzazione del collegamento ferroviario e l’eliminazione dei traghetti tra Messina e Villa San Giovanni, comporterebbero un taglio netto delle emissioni. Addirittura, si conseguirebbe una riduzione pari a 12,8 mln di tonnellate di anidride carbonica (CO₂).

Per la quantificazione economica del beneficio ambientale si è però valorizzato una studio della Commissione europea che ha posto l’accento su altri parametri. In effetti, nella Technical guidance on the climate proofing of infrastructure in the period 2021-2027, il “costo esterno” corrisponde al costo minimo da sostenere per arrivare alle emissioni zero entro il 2050.

Tale costo – compreso dai 100 €/tonnellata di CO₂ nel 2020 a 800 €/tonnellata nel 2050 – avrebbe invece dovuto rappresentare il danno provocato dal soggetto inquinante.

Questione di costi

Dunque, il beneficio di una riduzione delle emissioni è comparato al suddetto costo di abbattimento. Anche operando in questi termini, ha ribadito Ramella, emergerebbe un altro scenario. Dal rapporto tra valorizzazione economica (10,6 mld) e ammontare di anidride abbattuta (12,8 mln), il beneficio unitario è pari a 828 Euro.

In Aprile, però, il valore delle quote di emissione di gas serra nel sistema europeo di scambio era di 60 Euro. E comunque, il picco massimo del Febbraio 2023 era stato pari a 105 Euro. A prescindere dalla scelta dell’indicatore, dunque, si è rimarcato un valore che indica inefficienza/spreco.

Conseguentemente, il supporto dei numeri ai lavori aprirebbe delle direttrici quantomeno incongruenti, anche al di là delle valutazioni della Commissione Tecnica. Il problema è che la priorità data al Ponte ha drenato risorse che sarebbero duvute essere destinate a dei lavori ben più urgenti.

Sempre Legambiente ha lanciato un monito, per esempio, visti glienormi ritardi” sull’elettrificazione della linea Jonica in Calabria, nella tratta Sibari-Catanzaro Lido. Questa operazione si sarebbe dovuta concludere entro il 2023 (per un costo di 500 mln di Euro). Invece, non se ne parlerà prima del 2026.

O ancora, in Sicilia. Nell’isola, infatti la ferrovia della costa jonica è da lustri in attesa del potenziamento e del raddoppiamento. Così come va avanti da decenni l’attesa del completamento dell’anello ferroviario di Palermo, che non vedrà la sua apertura prima del 2028.

Insomma, le polemiche, le illazioni e le riflessioni sul tema avranno ancora tanti margini di sviluppo. Tuttavia, per il ‘Sistema Paese’ Italia e per il bene della collettività, questo insieme non rappresenta propriamente un bene.

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