Roma, 03/10/2024 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

Confindustria contro la transizione energetica, “troppo costosa”. Meloni gli dà ragione, ma che ne sarà della sostenibilità?

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Oggi prima Relazione pubblica del Presidente di Confindustria Orsini, con intervento della Premier Meloni. Entrambi d’accordo: la transizione green è troppo costosa e mina le basi della nostra produttività, addirittura potrebbe deindustrializzare il Paese. Ma è così? La politica sta facendo davvero le scelte giuste? E che ne sarà dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che abbiamo firmato.

Il Presidente di Confindustria attacca la transizione green

La tripla transizioni (energetica, ambientale e digitale) è ormai argomento posto al centro di ogni tavolo di confronto, istituzionale, politico, industriale ed economico. La stessa cosa è accaduta all’Assemblea Generale di Confindustria 2024.

Alla sua prima Relazione pubblica, il Presidente Emanuele Orsini, ha affermato che le “transizioni, come queste, costano e costeranno migliaia di miliardi al sistema Paese”, sottolineando che “sono vere e proprie rivoluzioni industriali, che potranno cambiare in meglio la vita di ciascuno di noi e il futuro delle nostre imprese”.

Transizioni, ha specificato, “che hanno, però, bisogno di tempo adeguato. Senza che qualcuno, come sta avvenendo in Europa, confonda politiche ambientali autoreferenziali con politiche industriali per la crescita”.

Piedi per terra, troppi errori nel Green Deal

Abbiamo il dovere di restare con i piedi per terra, la nostra industria ha già raggiunto gran parte degli obiettivi ambientali, investendo sulle proprie tecnologie. L’inevitabile salto nella quinta rivoluzione industriale è in una fase delicatissima: ci dobbiamo concentrare su poche e chiarissime priorità: competitività, produttività e comunità”, si legge nel documento.

Orsini ha poi continuato, dichiarando che “il Green Deal è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria. Noi riteniamo che questo non sia l’obiettivo di nessuno. La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle”.

Il green è quindi inquadrato come un problema, un costo ideologico imposto dall’alto, una strada tortuosa che rischia in ogni momento di far deragliare il treno della crescita e dell’innovazione.

Che lo dica il Presidente di Confindustria non impressiona, il problema è quando anche le forze della maggioranza di Governo assecondano posizioni di questo tipo.

Meloni contro la decarbonizzazione, “è una debacle”

Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, intervenuta oggi all’Assemblea di Confindustria, si è detto d’accordo con Orsini, sugli “effetti disastrosi che sono stati il frutto di un approccio ideologico che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo del Green Deal europeo”.

La decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è una debacle. È così, ovviamente. Perché accompagnare il nostro tessuto produttivo nella sfida della transizione ecologica non può voler dire distruggere migliaia di posti di lavoro, smantellare interi segmenti industriali che producono ricchezza, che producono occupazione. Anche qui l’esempio che veniva citato, l’addio al motore endotermico entro il 2035, cioè in poco più di un decennio, è uno degli esempi più evidenti di questo approccio autodistruttivo”, ha proseguito Meloni.

Per poi riprendere un discorso più equilibrato, che non dimentica i problemi veri da cui nasce il Green Deal, non ideologici, ma pratici: “ridurre le emissioni inquinanti è ovviamente la strada che noi vogliamo seguire, lo vogliamo fare però con buon senso, con concretezza, sfruttando tutte le tecnologie disponibili, senza andare a scapito della sostenibilità economica e sociale, difendendo e valorizzando le produzioni europee e salvando decine di migliaia di posti di lavoro”.

Rinnovabili sì, ma più neutralità tecnologica (e il nucleare)

Meloni rivendica la neutralità tecnologica, cioè accanto alle fonti energetiche rinnovabili vuole anche il gas (le cui emissioni sono considerate estremamente pericolose, sia per la salute, sia per il contributo al surriscaldamento globale e quindi all’alterazione del sistema climatico terrestre), i biocarburanti, l’idrogeno, le tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2 e, ovviamente, il nucleare, quello da fusione, che ci consentirebbe di generare energia illimitata e pulita, ma che al momento è una tecnologia che non darà frutti concreti prima del 2040.

Il problema, è che di energia e di energia pulita abbiamo un disperato bisogno oggi, adesso. Il futuro è una chimera, ognun vede quello che vuole. Il presente è la spada di Damocle e nessuno vuole passarci sotto (spostando in avanti qualsiasi risultato effettivo delle politiche di cui si parla oggi, con effetti che ricadranno sulle spalle di chi verrà dopo di noi).

Autonomia differenziata farà aumentare il costo dell’energia in ogni regione?

Il deputato di AVS e portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli, ha preso la palla al balzo e ha attaccato la Premier, partendo dal tema scottante dell’autonomia differenziata, che: “crea un divario non solo tra Nord e Sud, ma indebolisce anche la competitività economica e industriale del nostro paese”.

Con l’autonomia differenziata avremmo 20 piani energetici diversi, con ricadute sul costo dell’energia. La sfida ambientale e climatica può essere affrontata solo a livello globale, figuriamoci dividerla tra 20 regioni”, ha proseguito Bonelli.

Sulla transizione energetica, questo governo non solo non punta sulle rinnovabili, ma va nella direzione di potenziare la dipendenza dalle fonti fossili, che ha causato e causa l’aumento del prezzo dell’energia per famiglie e imprese, generando enormi extraprofitti per le società energetiche. È stata proprio Meloni a bloccare la tassa sugli extraprofitti introdotta dal governo Draghi”, ha precisato il deputato di AVS.

Transizione rallentata dalla burocrazia

Non c’è dubbio che la transizione energetica e green sia costosa, ma è anche vero che l’attuale Governo ha fatto di tutto per rallentarla, se non impedirla, anche per quel che riguarda le rinnovabili, da cui possiamo trarre enormi benefici in termini di abbattimento delle emissioni inquinanti, di decarbonizzazione, di nuove imprese e posti di lavoro.

Come ha spiegato Agostino Re Rebaudengo, Presidente Elettricità Futura, in audizione alla Commissione 8ª del Senato Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, da anni si segnala la necessità di un “Testo Unico” per riordinare e rendere organico il quadro autorizzativo per gli impianti di generazione, stoccaggio e trasporto dell’energia elettrica.

Non è certo solo colpa di questo esecutivo, perché il problema è ereditato dalle maggioranze passate, ma i ministeri competenti non si sono mossi nella direzione di un nuovo quadro regolatorio, più snello, semplificato e orientato ad accelerare il cambiamento.

La sostenibilità non è un lusso

La sostenibilità non è un lusso, come ci vogliono far credere Confindustria e Governo, ma un obiettivo che non possiamo permetterci di fallire. C’è l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che il nostro Paese ha firmato e se continuiamo così non centreremo nessuno degli obiettivi prefissati (in particolare il Goal 7: assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni).

Se l’Italia entro il 2030 centrasse l’obiettivo di installare gli 85 GW previsti dal Piano REPowerEU, sarebbe in grado di raggiungere l’84% di rinnovabili nel mix di produzione elettrica: un traguardo che avrebbe enormi benefici non solo sul fronte ambientale (riduzione del 75 % delle emissioni di CO2 del settore elettrico nel 2030 rispetto al 1990), ma anche in chiave economica (345 miliardi di benefici economici cumulati al 2030 in valore aggiunto per filiera e indotto) e occupazionale (470.000 nuovi posti di lavoro nella filiera e nell’indotto elettrico nel 2030).

Alla conferenza G7-IEA sul tema “Garantire una transizione energetica ordinata” (‘Ensuring an Orderly Energy Transition’) si è ribadito che è fondamentale garantire l’accessibilità economica per i consumatori, il sostegno alla produzione di energia pulitacatene di approvvigionamento diversificate e dati affidabili sulla sostenibilità.
Centrale rimane il ruolo dei Governi, ma serve subito una strategia di lungo termine. Che a noi manca del tutto.

Giornalista

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