La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la moratoria della Regione Sardegna, che bloccava per 18 mesi la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. L’articolo 3 della legge regionale n. 5 del 2024 è stato giudicato in contrasto con le normative nazionali ed europee sulla transizione energetica e la decarbonizzazione.
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Bocciata la legge sarda sulle Aree idonee
La Corte Costituzionale ha bocciato le previsioni della Regione Sardegna in materia di aree idonee per l’installazione di impianti di energia rinnovabile. Si tratta di una decisione importante, che conferma l’incostituzionalità della normativa regionale in quanto incompatibile con i principi introdotti dal decreto legislativo di recepimento della Renewable Energy Directive II, essenziali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.
La moratoria di 18 mesi è incostituzionale
Più nel dettaglio la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge regionale n. 5 del 2024 che, con il pretesto di tutelare il paesaggio, ha di fatto imposto una moratoria di 18 mesi sulla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili in Sardegna. La moratoria era stata introdotta dalla giunta regionale in attesa dell’approvazione della legge sull’individuazione delle aree idonee per impianti rinnovabili, approvata il 5 dicembre scorso, che ha poi definito l’inidoneità di circa il 99% del territorio sardo ad ospitare nuovi impianti.
Violate le normative europee in materia di decarbonizzazione
La Corte ha ritenuto che l’articolo 3 della legge regionale fosse in contrasto con i principi costituzionali e con le normative nazionali ed europee in materia di decarbonizzazione. In particolare, al principio di massima diffusione delle energie rinnovabili sancito dalla normativa dell’Unione Europea. Nella pronuncia si legge:
“Alla luce di questa ricostruzione, questa Corte osserva che la legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, pur conseguendo, come detto, la finalità di tutelare il paesaggio, incide in modo significativo sulla disciplina relativa agli «impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili». Pertanto, la legge regionale afferisce in modo prevalente alla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto speciale).
In ogni caso, anche laddove non si consideri prevalente uno dei due ambiti statutari, ma si ritenga che ci si trovi di fronte a un intreccio di competenze, nessuna delle quali prevalente, ciò nondimeno entrambe tali competenze – quella primaria di tutela del paesaggio e quella concorrente in materia di energia elettrica più volte richiamata – devono esercitarsi «[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», oltre che, solo per la seconda, nel più volte ricordato limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato», ai sensi dei medesimi artt. 3 e 4 dello statuto di autonomia.”
Impugnata anche altra legge regionale in materia di aree idonee
Ora l’attenzione si concentra sulla legge regionale sarda relativa all’individuazione delle aree idonee, già impugnata dal Consiglio dei Ministri lo scorso gennaio. Quest’ultima violerebbe, infatti, i principi introdotti dall’art. 20 del D.lgs. n. 199/2021, vietando la realizzazione di progetti già autorizzati, e dunque compromettendo lo sviluppo di nuovi impianti da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo. Si tratta di investimenti stimati tra gli 8 e 12 miliardi di euro entro il 2030, ai quali va aggiunto anche il valore della manutenzione degli impianti: circa 400 milioni di euro nei prossimi cinque anni.