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Immagazzinare l’energia solare spaziale sfruttando i laser a infrarossi

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Fondata dall’imprenditore statunitense Baiju Bhatt, la startup Aetherflux ha un approccio assai lontano dal concetto di energia solare spaziale che, dalla Cina all’Europa, prevede la trasmissione tramite microonde. Così distante da fare leva su un sistema modulare di satelliti in orbita terrestre bassa in grado di acquisire l’energia e trasmetterla sulla Terra, impiegando (appunto) i laser a infrarossi. “Mi attrae l’idea di avere nello Spazio un’infrastruttura davvero resiliente alle nostre condizioni”, le parole del miliardario di origine indiana.

Infrastrutture energetiche (e resilienti) nello Spazio

Un approccio innovativo (che rimanda a uno studio del 2007 a cura del National Security Space Office) in materia di energia solare spaziale, sviluppato nell’ambito di un progetto, affascinante e complicato (“nel nostro modello c’è grande complessità, ma non sussistono criticità scientifiche difficili di per sé”, ammettono i responsabili) volto a sbloccare una fonte di energia mai utilizzata in precedenza.

Così la startup Aetherflux, che propone un sistema modulare di satelliti in orbita terrestre bassa per acquisire energia solare e veicolarla sulla Terra utilizzando dei laser a infrarossi. Calendario alla mano, il progetto di Aetherflux prevede, tra il 2025 e il 2026,  il lancio di un satellite dimostrativo nello Spazio. Questo primo satellite potrebbe trasmettere energia “abbracciando” un’area di 10 metri di diametro.

Migliaia di piccoli satelliti che catturano l’energia

L’intento è quindi di espandere la costellazione attraverso satelliti non solo più potenti, ma anche più efficienti. Intervistato da Forbes, il fondatore di Aetherflux, il visionario miliardario Baiju Bhatt – già cofondatore della fintech Robinhood – spiega: “Il concetto di avere nello Spazio un’infrastruttura energetica davvero resiliente alle condizioni sulla Terra mi attira molto”.

Quindi Bhatt puntualizza: “È il genere di direzione in cui abbiamo già assistito a rilevanti sviluppi con Starlink”. Il rimando è alla costellazione di satelliti di SpaceX (da qui il tema, sempre più interessante, della corsa al satellite tra Usa, Cina e SpaceX), che ha munito di connessione Internet zone carenti di infrastrutture (come le aree di guerra in Ucraina) e territori devastati da disastri naturali.

Dunque, mentre in passato le idee si focalizzavano su imponenti satelliti geostazionari tutt’altro che economici, Aetherflux intende lanciare una centrale solare orbitale costituita da migliaia di piccoli satelliti (ognuno dei quali dotato di un pannello solare spaziale), una batteria e – appunto – un laser a infrarossi quasi ottico, in grado di trasmettere (a prescindere dall’ora del giorno) l’energia verso la Terra.

Come anticipato, seppur ciascun satellite non sarà in grado di raccogliere molta energia da solo, l’intento è che la costellazione – nel suo complesso – ne riesca a generare (e ad accumulare) una quantità rilevante. Fantascienza? “Sappiamo come costruire costellazioni di veicoli spaziali e integrare tutti questi componenti. E ancora, in che modo costruire i ricevitori”, replica Bhatt (il cui patrimonio, nel momento in cui scriviamo, è stimato da Forbes in 2,4 miliardi di dollari).

Dalla Cina all’Europa l’energia solare spaziale non è utopia

Lo ribadiamo: si sta intensificando il ruolo delle attività spaziali quale elemento di sviluppo e crescita del settore energetico, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili. L’osservazione delle risorse del Pianeta dallo Spazio viene, infatti, ritenuta particolarmente utile tanto nell’ottica della pianificazione tanto per gli aspetti ambientali.

In particolare, la Cina studia le centrali solari orbitali: un team di ricercatori dell’Università di Xidian, infatti, ha pubblicato uno studio che ha uno sguardo ben preciso: sfruttare l’energia solare spaziale e inviarla sulla Terra – attraverso un fascio di microonde – a un ricevitore sviluppato appositamente. Dalla Cina, dove risiede circa il 18% della popolazione mondiale, a uno dei paesi meno popolati d’Europa.

E proprio l’Islanda è pronta pronta a ricevere l’energia da una centrale solare orbitale. L’azienda britannica Space Solar ha stretto infatti una partnership con le islandesi Reykjavik Energy (società di energia e servizi pubblici) e Transition Labs (gruppo di lavoro focalizzato sulla sostenibilità ambientale). Un accordo che vuole segnare un passo importante, non solo per l’Islanda, verso l’implementazione su larga scala.

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