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Eni, 3 miliardi per la sostenibilità, ma Greenpeace denuncia greenwashing

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Mentre Eni prende accordi con il Ministero della Difesa e annuncia una nuova linea di credito da 3 miliardi di euro per la sostenibilità, non si fermano le proteste degli attivisti che denunciano la mancanza di trasparenza dell’azienda di Descalzi sui nuovi piani di estrazione di petrolio e gas al 2026. La contestazione è arrivata, oggi, sul palazzo della sede di Roma, dove alcuni esponenti di Greenpeace sono entrati in azione arrampicandosi.

Nuova linea di credito per la sostenibilità

Eni annuncia la sua nuova linea di credito per la Sostenibilità da 3 miliardi, una facility che rafforzerà ulteriormente la flessibilità finanziaria dell’azienda, integrando l’analoga linea di credito Sustainability-Linked da 6 miliardi di euro sottoscritta nel 2022.

Della durata di 5 anni, revolving Sustainability-Linked è collegata al raggiungimento di due obiettivi: 

  1. i target di sostenibilità relativi a Net Carbon Footprint Upstream (Scope 1 e 2) e 
  2. capacità installata per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili

La linea di credito è concessa da 26 primari istituti finanziari globali, tra cui Mediobanca (nel ruolo di global coordinator, documentation e facility agent), Mufg (global coordinator e sustainability coordinator), Citi e Natixis (global coordinators). Al sindacato partecipano, inoltre, Hsbc, UniCredit e Intesa Sanpaolo (nel ruolo di bookrunners), Bank of America, Bnp Paribas, Bper Banca, Société Générale e Wells Fargo (nel ruolo di mandated lead arranger), Agricultural Bank of China, Bbva, Banco Bpm, Barclays Bank, Credit Agricole Cib, Deutsche Bank, Dnb Bank, First Abu Dhabi Bank, Goldman Sachs, J.P. Morgan, National Bank of Kuwait, Santander Corporate & Investment Banking, Smbc Bank, e Standard Chartered (nel ruolo di lead arrangers).

Il protocollo d’intesa con il Ministero della Difesa

L’azienda di Descalzi è particolarmente attiva anche sul piano politico. La recente intesa siglata con il Ministero della Difesa ne da conferma. L’accordo è volto a consolidare la collaborazione strategica su security e valutazione dei rischi attraverso la condivisione di esperienze e informazioni, che possano integrare le reciproche competenze acquisite nelle diverse aree geopolitiche di comune interesse. In quest’ambito sono inclusi gli scenari relativi alla protezione delle infrastrutture e i siti di importanza strategica per gli interessi nazionali, le attività congiunte di assistenza alle comunità locali, la promozione della cultura dell’innovazione, con particolare attenzione alle nuove tecnologie e anche agli aspetti organizzativi, formativi e addestrativi.

Le contestazioni di Greenpeace

La metamorfosi in chiave “sostenibile” che l’azienda starebbe attraversando non convince però gli attivisti, che denunciano la mancanza di trasparenza sui nuovi piani di estrazione di petrolio e gas al 2026. Secondo Oil Change International, infatti, Eni prevede di aumentare l’estrazione di combustibili fossili del 3-4% nel prossimo biennio. Pur dichiarando di essere in prima linea per il sostegno alla transizione energetica, la compagnia italiana, nel 2022, ha investito circa 15 volte di più nei combustibili fossili che nelle energie rinnovabili, registrando profitti record. Le proteste non mancano. La più recente, in occasione della presentazione a Dubai, per la Cop28, del report “Emissioni di oggi, morti di domani”. Simpatizzanti della ONLUS Greenpeace sono entrati in azione a Roma, arrampicandosi sul palazzo della Compagnia degli idrocarburi. Lo scopo? Denunciare le conseguenze per la salute causate dalla produzione e l’impiego di gas e petrolio.”Ci chiediamo con preoccupazione quando Eni comincerà a mettere la vita delle persone e la salvaguardia del pianeta al di sopra del proprio profitto“, ha dichiarato Simona Abbate, della campagna Clima di Greenpeace Italia.

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