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Scorie nucleari, Fratin presenta la roadmap: Deposito Nazionale entro il 2039, ma l’Italia è già “radioattiva”

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Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha illustrato alla Camera la nuova strategia per lo smaltimento delle scorie nucleari, che prevede una legge delega entro il 2025 e la realizzazione del Deposito Nazionale entro il 2039. Attualmente l’Italia conserva già oltre 32.000 m³ di rifiuti radioattivi in siti temporanei sparsi sul territorio. La roadmap punta su trasparenza, coinvolgimento dei territori e procedure chiare, ma resta aperta la sfida del consenso locale.

Il Governo punta sulla legge delega

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha illustrato alla Camera la nuova roadmap per la gestione dei rifiuti radioattivi in Italia, puntando su una legge delega sul nucleare entro il 2025 e sulla realizzazione del Deposito Nazionale entro il 2039. Obiettivo: chiudere il ciclo del nucleare in sicurezza, con trasparenza e il coinvolgimento attivo dei territori.

La strategia presentata comprende l’aggiornamento del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, già previsto dal DPCM del 30 ottobre 2019, e la creazione di un Parco Tecnologico dedicato alla ricerca nel settore energetico e ambientale. Tuttavia, mentre la politica discute e pianifica, l’Italia è già oggi costellata da oltre 32.000 m³ di rifiuti radioattivi, stoccati in decine di siti temporanei, spesso vicini a centri abitati e in condizioni precarie.

Dove sono le scorie oggi: la mappa italiana del rischio

Secondo l’Inventario ISIN aggiornato al 31 dicembre 2023, il 99% dei rifiuti è a bassa o molto bassa attività. Il Lazio detiene il volume maggiore (oltre 10.500 m³), seguito da Lombardia, Piemonte, Basilicata e Campania. In termini di radioattività complessiva, però, è il Piemonte a detenere il primato nazionale, con il 79,3% del totale, complice anche la presenza del sito di Saluggia e del combustibile irraggiato ancora in deposito.

La CNAI e l’avvio della procedura VAS, a che punto siamo

Dopo la pubblicazione nel dicembre 2023 della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), che individua 51 località potenzialmente adatte alla costruzione del Deposito, è partita la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), con la fase di scoping chiusa a gennaio 2025. Nessuna autocandidatura è pervenuta finora da parte degli enti locali, segno della persistente opposizione territoriale alimentata dal fenomeno NIMBY (Not In My Back Yard), che il ministro ha definito un ostacolo reale ma superabile con il dialogo.

La roadmap del Deposito Nazionale

La roadmap prevede una serie di step tecnici e istituzionali: manifestazioni di interesse da parte dei territori, trattative bilaterali con identificazione di misure compensative, indagini tecniche da parte di Sogin sotto il controllo di ISIN per circa 15 mesi, e una proposta di localizzazione seguita da un decreto ministeriale. Successivamente, è previsto un ciclo di informazione pubblica, l’avvio della procedura di VIA e l’ottenimento dell’Autorizzazione Unica, stimata per il 2029. In caso di mancato accordo con gli enti locali, il governo potrà ricorrere a un comitato interistituzionale Stato-Regioni o, in ultima istanza, a un decreto del Presidente della Repubblica.

Come sarà il Deposito Nazionale: struttura e funzioni

Il Deposito Nazionale ospiterà definitivamente i rifiuti a bassa e molto bassa attività e comprenderà anche un Parco Tecnologico per la ricerca. I rifiuti ad alta e media attività, invece, saranno temporaneamente collocati in un Centro Stoccaggio Alta attività (CSA), in attesa di una soluzione geologica definitiva prevista non prima del 2050, in Italia o in ambito internazionale. La gestione del combustibile nucleare esaurito resta quindi una sfida ancora aperta, anche per via dei residui derivanti dal riprocessamento all’estero, che produrranno circa 83 m³ netti di rifiuti ad alta/media attività (circa 780 m³ lordi con contenitori).

Fratin ha ribadito che “le scorie non nascono con il Deposito Nazionale: esistono e sono già tra noi”.

L’urgenza è quindi duplice: da un lato garantire la sicurezza ambientale e sanitaria, dall’altro superare le resistenze locali con un processo di trasparenza e partecipazione, che consenta ai cittadini di comprendere rischi, benefici e tutele. La posta in gioco è alta: non solo per la politica energetica nazionale, ma per la credibilità delle istituzioni e il loro rapporto con i territori.

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