l G7 appoggia Israele, lancia l’allarme nucleare iraniano e guarda con preoccupazione alla stabilità energetica globale. Intanto, bombardamenti su infrastrutture petrolifere in Iran fanno balzare il prezzo del greggio. Lo spettro di una crisi nello Stretto di Hormuz scuote i mercati internazionali.
Energia e guerra: la nuova frontiera del conflitto israelo-iraniano
Mentre la dichiarazione congiunta del G7 ribadisce il diritto di Israele all’autodifesa e nega all’Iran la possibilità di dotarsi di armi nucleari, gli ultimi attacchi a infrastrutture energetiche in Iran segnano una pericolosa escalation nel cuore del Medio Oriente.
Depositi di carburante e impianti di gas nel sud del Paese sono stati colpiti, aggravando la già fragile economia iraniana provata da anni di sanzioni. La risposta dei mercati non si è fatta attendere: il prezzo del petrolio Brent è salito del 5,5%, superando i 78 dollari al barile, prima di stabilizzarsi poco sopra i 74. Dall’inizio delle ostilità, il rialzo sfiora il 7%.
Il G7 e il rischio energetico globale
Non è un caso che il vertice G7 in Canada abbia posto la sicurezza energetica al centro dell’agenda. I leader di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Canada, Giappone e UE hanno promesso un coordinamento stretto per proteggere la stabilità delle forniture globali di petrolio e gas.
Il focus: evitare una crisi energetica globale innescata dal conflitto tra Israele e Iran, soprattutto se dovesse coinvolgere lo Stretto di Hormuz — rotta marittima attraverso cui transita circa il 30% del petrolio mondiale.
L’Europa tra silenzio e ambiguità
Secondo l’ISPI, Francia, Germania e Regno Unito non hanno condannato l’offensiva aerea israeliana “Leone nascente” contro l’Iran. Un cambio di rotta clamoroso, considerando che i tre Paesi erano firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) nel 2015, poi abbandonato da Trump nel 2018
Il loro appoggio al “diritto di Israele a difendersi” arriva mentre cresce il dissenso internazionale per le azioni militari israeliane a Gaza e mentre oltre 2 milioni di palestinesi vivono una crisi umanitaria drammatica.
Lo spettro dello Stretto di Hormuz e il ruolo del Golfo
Secondo l’analista Richard Bronze di Energy Aspects, l’attenzione del mercato si concentra sullo Stretto di Hormuz e sulle infrastrutture energetiche regionali. La chiusura di questa via strategica, usata da Iran, Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi, metterebbe a rischio l’economia globale.
Nel frattempo, Teheran ha rafforzato i rapporti diplomatici con Riyadh, grazie anche alla mediazione della Cina, mentre Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti potenziano la difesa delle proprie infrastrutture energetiche per evitare danni collaterali.
Attaccare infrastrutture energetiche è legale secondo il diritto internazionale?
Le Convenzioni di Ginevra vietano espressamente gli attacchi a infrastrutture civili come centrali elettriche, raffinerie, acquedotti e reti di distribuzione di energia, salvo che non costituiscano obiettivi militari diretti. Anche in tal caso, ogni attacco deve rispettare il principio di proporzionalità e minimizzare i danni ai civili.
Il dibattito giuridico è acceso: le infrastrutture energetiche sono spesso “dual use”, con impieghi civili e militari. Ma secondo il diritto umanitario internazionale, la protezione dei civili resta prioritaria.
La posizione della Corte penale internazionale (CPI)
La CPI ha recentemente emesso mandati di arresto contro funzionari russi per attacchi alle infrastrutture energetiche in Ucraina e contro il primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa per presunti crimini di guerra a Gaza.
Tra le accuse, anche l’uso della fame come arma di guerra, pratica vietata a livello internazionale. La Corte intende affermare che nessuno è al di sopra della legge, nemmeno in tempo di guerra o con alleanze geopolitiche forti.
Energia, guerra e legalità in un equilibrio precario
Il conflitto tra Israele e Iran sta ridefinendo le priorità geopolitiche globali: la sicurezza energetica è ora un fronte di guerra. L’equilibrio tra autodifesa, legalità internazionale e tutela delle infrastrutture civili è sempre più fragile. E mentre il mondo guarda con preoccupazione allo Stretto di Hormuz, si fa sempre più urgente una riflessione sulla coerenza dell’Occidente nell’applicazione del diritto internazionale.