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Idrogeno, Norvegia: sospeso l’impegno della Shell nel progetto Aukra

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La Shell ha annunciato la sospensione dell’impegno nel progetto Aukra, sviluppato in Norvegia, inizialmente pensato per arrivare a produrre 1.200 tonnellate di idrogeno al giorno, entro il 2030.

Gli effetti della domanda di mercato

Secondo S&P Global, la Shell ha sospeso il suo impegno nel progetto Aukra Hydrogen Hub, in Norvegia, finalizzato alla produzione di idrogeno dalla bassa impronta carbonica. La causa sarebbe riconducibile alla domanda carente del mercato nei confronti del [c.d.] idrogeno blu, alla cui base ci sono il gas naturale o il carbone.

Sul ‘blu’ si era puntato in qualità di alternativa più economica rispetto a quello ‘verde‘ (generato, però, con le rinnovabili, quali il solare, l’eolico o l’idroelettrico). La maggiore diffusione dell’idrogeno verde e alcune scelte definite a livello comunitario, hanno tuttavia portato la multinazionale britannica a compiere un passo indietro.

Per altro, delle notevoli ripercussioni potrebbero averle anche la società d’investimento Aker Horizons e quella sulle infrastrutture CapeOmega. Entrambe, infatti, avevano scelto di supportare la Shell nel progetto scandinavo, nuovo collegamento tra la Norvegia e la Germania.

La complessità del piano

Nel 2022, il Governo norvegese aveva incaricato la società Gassco di elaborare uno studio di fattibilità sulla filiera del trasporto dell’idrogeno tra la Norvegia e la Germania. La risposta – tecnicamente positiva, seppur condizionata – è arrivata dopo un anno.

L’idea di fondo era quella di utilizzare il gas proveniente dal giacimento di Ormen Lange (120 chilometri a Nord-Ovest di Kristiansund e in funzione dal 2007). Una volta estratto, il composto sarebbe stato trasportato fino al grande impianto di Nyhamna, nella municipalità di Aukra.

Da qui, attraverso un processo noto come reazione di reforming con vapore – dall’idrocarburo – si sarebbero scissi appunto il vapore acqueo e il syngas. Oltre il 95% delle emissioni di andidride carbonica (CO2) sarebbero state raccolte e stoccate. Dopodiché, l’idrogeno avrebbe raggiunto Dornum, in Bassa Sassonia, con un sistema di condutture – fulcro del piano – specificamente costruite.

Le perplessità del quadro normaitivo

Di base, lo scenario avrebbe potuto scrivere un nuovo capitolo geo-economico nel sistema energetico europeo. Eppure, la Shell ha affermato l’intenzione di non rinnovare il suo impegno, nonostante la scadenza di Giugno.

A rendere possibile tutto questo – almeno secondo la dirigenza del colosso petrolchimico – è stato (anche) il clima generale di incertezza normativa in materia. A livello comunitario, negli anni, l’Unione Europea si è concentrata sull’idrogeno verde, redigendo norme e regolamenti precisi. Anche gli investitori privati hanno evidentemente scelto quest’ultimo settore, più caro ma anche più ‘solido’.

Una panoramica generale l’ha offerta la stessa S&P Global Commodity Insights, con alcune sue stime. In Europa, il costo di produzione dell’idrogeno verde tramite elettrolisi alcalina si è assestata intorno ai 5,80 Euro/kg (6,5 Dollari/kg). Dall’altro lato, la produzione di idrogeno blu – mediante reforming del metano con vapore – era sui 2,68 euro/kg.

Altre priorità

Non è chiaro se la Shell abbia eventualmente intenzione, in futuro, di riprendere la stada interrotta. Nel frattempo, la Aker Horizons ha cambiato rotta. Priorità, infatti, l’hanno ricevuta quei progetti legati all’idrogeno verde e all’ammoniaca.

Si pensi al Narvik Green Ammonia vicino a Bjerkvik (nella municipalità di Narvik). Questo sito, nella Norvegia settentrionale, è stato ritenuto particolarmente competitivo. L’ammoniaca verde qui prodotta sarà soggetta al trasporto navale, senza utilizzare gasdotti.

A dimostrazione di come – al netto delle leggi – una parte importante della transizione energetica dell’Europa transiterà anche dalla maggiore ‘semplicità’ logistica.

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